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venerdì 25 ottobre 2013
domenica 18 agosto 2013
Milano Forza Nuova a settembre vuole organizzare un raduno dei movimenti dell'ultra-destra europea
NEONAZISMO: PISAPIA, INACCETTABILE RADUNO A MILANO A SETTEMBRE
Per Giuliano Pisapia e' "inaccettabile" che a Milano si tenga un raduno dei movimenti dell'ultra-destra europea, come quello che intende organizzare Forza Nuova a settembre. Come gia' avvenuto in passato, il sindaco di Milano si e'
schierato contro questa ipotesi e ha annunciato che il Comune interverrà per impedire il raduno con "tutti gli strumenti a disposizione anche a livello legale" per "evitare che ci sia questo sfregio alla città". "Milano e' città
medaglia d'oro della Resistenza e chi fa apologia del nazismo e fascismo non può circolare nella nostra città, lo dice la Costituzione", ha aggiunto il primo cittadino del capoluogo lombardo, rispondendo ai giornalisti a margine
della presentazione del nuovo servizio di car sharing attivo in città.
Per Giuliano Pisapia e' "inaccettabile" che a Milano si tenga un raduno dei movimenti dell'ultra-destra europea, come quello che intende organizzare Forza Nuova a settembre. Come gia' avvenuto in passato, il sindaco di Milano si e'
schierato contro questa ipotesi e ha annunciato che il Comune interverrà per impedire il raduno con "tutti gli strumenti a disposizione anche a livello legale" per "evitare che ci sia questo sfregio alla città". "Milano e' città
medaglia d'oro della Resistenza e chi fa apologia del nazismo e fascismo non può circolare nella nostra città, lo dice la Costituzione", ha aggiunto il primo cittadino del capoluogo lombardo, rispondendo ai giornalisti a margine
della presentazione del nuovo servizio di car sharing attivo in città.
Emanuele Fiano, responsabile sicurezza del Pd propone di rispondere con una iniziativa antifascista e non violenta al raduno organizzato dai neo-nazisti a Milano a settembre.
"A settembre di nuovo le formazioni neofasciste
e neonaziste antisemite e xenofobe di tutta Europa si daranno appuntamento a Milano per il Boreal Festival", si legge in una nota di Fiano. "Di nuovo Forza Nuova ha invitato i propri fratelli neofascisti, dall'Ungheria alla Croazia, dalla Spagna alla Svezia e dalla Norvegia fino al Belgio". "Inutile aggiungere commenti sulla terribile ideologia che guida questi gruppi conosciuti dalle polizie di tutta Europa - prosegue Fiano - questa volta faccio appello a tutti gli antifascisti italiani perche' negli stessi giorni del 12, 13 e 14 settembre si organizzi a Milano, una manifestazione pacifica e non violenta per ribadire
i valori sacri della nostra Costituzione antifascista e l'impegno che abbiamo giurato sulle tombe dei padri della Repubblica per non lasciare che mai più le ideologie della discriminazione e del razzismo possano diffondersi
nell'indifferenza". "Suggerisco, infine, alle forze dell'ordine e alla prefettura di Milano, di verificare per tempo l'identita' degli invitati al fine di prevedere la possibilità di dichiarare ospiti indesiderati nel nostro Paese quanti di questi invitati gia' nei loro Paesi di origine sono considerati attivisti pericolosi per la pacifica convivenza", conclude.
e neonaziste antisemite e xenofobe di tutta Europa si daranno appuntamento a Milano per il Boreal Festival", si legge in una nota di Fiano. "Di nuovo Forza Nuova ha invitato i propri fratelli neofascisti, dall'Ungheria alla Croazia, dalla Spagna alla Svezia e dalla Norvegia fino al Belgio". "Inutile aggiungere commenti sulla terribile ideologia che guida questi gruppi conosciuti dalle polizie di tutta Europa - prosegue Fiano - questa volta faccio appello a tutti gli antifascisti italiani perche' negli stessi giorni del 12, 13 e 14 settembre si organizzi a Milano, una manifestazione pacifica e non violenta per ribadire
i valori sacri della nostra Costituzione antifascista e l'impegno che abbiamo giurato sulle tombe dei padri della Repubblica per non lasciare che mai più le ideologie della discriminazione e del razzismo possano diffondersi
nell'indifferenza". "Suggerisco, infine, alle forze dell'ordine e alla prefettura di Milano, di verificare per tempo l'identita' degli invitati al fine di prevedere la possibilità di dichiarare ospiti indesiderati nel nostro Paese quanti di questi invitati gia' nei loro Paesi di origine sono considerati attivisti pericolosi per la pacifica convivenza", conclude.
sabato 17 agosto 2013
La politica dei beni comuni
Già nel I° secolo d. C. Giustiniano, nelle “Institutiones”, definiva come base fondamentale della comunità umana in quanto tale e della convivenza civile, il concetto: “res communes omnium, naturali iure, aer et aqua profluens et mare et, per hoc, litora maris”. Cioé i Beni Comuni erano indisponibili per la proprietà privata e l’arricchimento individuale ma componenti fisiche sacre del territorio nel quale quella comunità si trovava inserita. Ad ognuno di questi Beni la religiosità latina assegnava infatti la presenza di un dio ed il suo deterioramento era considerato un sacrilegio.
Diversa era la cultura a quei tempi e diverso il senso della comunità e della solidarietà; adesso purtroppo abbiamo abdicato del tutto al senso della comunità e l’individualismo ha preso il sopravvento, adesso è stato demandato alla tecnologia ed al mercato finanziario globale il governo di ogni cosa ed è stato messo al centro della convivenza sociale solo il dio Denaro che è origine di tante storture devastanti che non salvano neppure ciò che appartiene a tutti. Ogni valore è diventato monetizzabile e quindi è una rivoluzione morale che dobbiamo intraprendere prima di ogni altra azione.
Ultimamente le Associazioni ambientaliste e della Società Civile hanno posto il problema dei Beni Comuni proprio per porre un argine all’invadenza degli interessi privati, figli di una visione neoliberista della società, che di tutto si stavano impadronendo con la complicità di amministratori compiacenti e di parti politiche schierate a destra. E’ stato così che si sono poste le attenzioni alla protezione di quei Beni di tutti indisponibili al profitto privato, ed è stato così che si è deciso di intervenire con il solo strumento immediato che la Costituzione mette a disposizione del popolo sovrano: il Referendum abrogativo. Esemplare è stato il successo dei Referendum nel giugno 2011 contro l’energia nucleare e la privatizzazione dell’acqua, e su questo percorso tracciato con forza Azione Civile intende proseguire la sua strada mettendo ai primi posti il rispetto dell’Ambiente e del Paesaggio e l’intangibilità dei Beni Comuni come base per un riscatto economico e politico della società italiana; sapendo bene però che l’abrogazione non è sufficiente se poi non si interviene con leggi applicative e che le Leggi di Iniziativa Popolare non sono tutta la soluzione se non si è presenti in Parlamento per non abbandonarle allo stravolgimento o all’accantonamento parlamentare.
L'acqua pubblica sappiamo tutti che è un bene comune non disponibile, un bene naturale non privatizzabile, ma quello che le leggi del governo di centrodestra avevano concesso a soggetti privati era il servizio pubblico relativo alla gestione dell’acqua.
Per questi motivi il Forum nazionale dei Movimenti per l’Acqua Pubblica nel 2011 si costituì come Comitato referendario e pose due quesiti fondamentali che furono ammessi; si chiedeva che fossero abrogati gli articoli delle leggi presentate dal governo Berlusconi nel 2006 e nel 2008 relativi alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica ed alla determinazione delle tariffe del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Quindi si chiedeva di fermare la privatizzazione dell’acqua e di mettere fuori i profitti dalla gestione dell’acqua.
Il 12 e 13 giugno del 2011 i referendum hanno così portato la maggioranza schiacciante degli italiani e dei siciliani al voto ed all’abrogazione di quegli articoli di legge, tornando così ad essere – i cittadini tutti – lo strumento di democrazia diretta che la Costituzione garantisce.
Quindi tutte le operazioni di captazione, stoccaggio, potabilizzazione, distribuzione e successiva depurazione (con riciclo possibile dei reflui depurati) sono operazioni che attengono al Servizio Idrico Integrato e come tali da affidare ad Enti di Diritto Pubblico che non perseguono il profitto ma mettono in tariffa esclusivamente i costi di manutenzione e le operazioni indispensabili. Questo deve ancora essere tradotto in una legislazione puntuale in applicazione degli esiti referendari, e le parti politiche di destra hanno fatto di tutto finora per evitarlo. Azione Civile ha come primo fermo obiettivo proprio quello di far diventare operativa una legge in tal senso. Infatti questa legge tradurrebbe il volere di milioni di italiani e di siciliani che si sono espressi, ed è già stata presentata come Legge di Iniziativa Popolare in Cassazione, per il Parlamento nazionale, ed all’Assemblea Regionale Siciliana nella passata legislatura.
A questo punto Azione Civile deve richiamare l’attenzione su quello che sta avvenendo in atto nel Parlamento siciliano in merito alla ripubblicizzazione dell’acqua. Bisogna dire infatti che la Legge di Iniziativa Popolare e Consiliare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque. Adeguamento della disciplina del servizio idrico alle risultanze del referendum popolare del 12 – 13 giugno 2011″ è stata presentata con 35.000 firme di cittadini elettori (ne sarebbero state sufficienti 10.000) ed approvata da 135 Consigli Comunali (ne sarebbero stati sufficienti 40) nella trascorsa legislatura e ripresentata in questa. Dopo i previsti sei mesi di elaborazione in Commissione il Governo regionale ha presentato una sua legge, scalzandola, che lascerebbe spiragli aperti ad una gestione di soggetti privati. E’ per questi motivi che Azione Civile sta seguendo l’iter parlamentare con grande attenzione e presenza affinché sia rispettata e non tradita la volontà popolare.
Anche la nostra Costituzione in toto è un bene comune e non un puro atto di diritto positivo imposto da un legislatore: nasce da un processo storico, è memoria e progetto e, come tale, definisce l’identità di un popolo, di una comunità politica organizzata in Stato.
La Costituzione porta dentro di sé la memoria di più di 100 anni di storia italiana, nel bene e nel male. Contempla le ferite del fascismo, il suo ripudio attraverso la lotta di liberazione e realizza le garanzie perché il fascismo non possa riaffermarsi, attraverso una tecnica di equilibrio dei poteri dello Stato che impedisce, se applicata nel giusto modo, ogni forma di dittatura.
La Costituzione italiana è stata forgiata nelle stragi e nella resistenza dei partigiani durante la seconda guerra mondiale e porta l’impronta di uno spirito universale, infatti ripudia la guerra (art. 11), riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (art. 2).
Mettere mano alla Costituzione non è mai un’azione banale, vuol dire mettere mano alla storia, interrogarci sulla nostra storia, sulle conquiste di cultura e civiltà giuridica faticosamente raggiunte, sui successi, sui fallimenti, sui pericoli che sono all’orizzonte. La Costituzione può essere riformata per adeguarla ai tempi, ma non si possono tollerare revisioni radicali che ne snaturino l’impianto.
I beni pubblici repubblicani che i nostri padri costituenti hanno attribuito al popolo italiano, inerenti la garanzia dei diritti fondamentali e la qualità della democrazia, costituiscono un patrimonio che non può e non deve essere smantellato!
La difesa della Costituzione come bene comune e della repubblica parlamentare, lì disegnata dai padri costituenti, sta unendo ciò che la Sinistra ha sempre diviso e frammentato. e come afferma Antonio Ingroia < E’ un’occasione storica e unica per mettere insieme un popolo. Il popolo dei referendum e della Costituzione. Un popolo che è maggioranza nel Paese, che alle ultime elezioni in parte ha votato PD ma anche M5S, SEL ma anche Rivoluzione Civile, o semplicemente si è astenuto. Un popolo che, a causa di queste divisioni, sta tornando deluso nel partito dell’astensionismo, sempre più destinato a divenire di maggioranza relativa. Un popolo che ha invece voglia di stare insieme. Che ha voglia di partecipare per cambiare il Paese. Per attuare la Costituzione nei suoi principi e valori promozionali. Per un’Italia davvero solidale, eguale, giusta, che restituisce forza ai diritti. A cominciare dai diritti dei lavoratori e del diritto al lavoro di tutti. Il diritto alla felicità sociale. Contro chi ha paura di questa Costituzione e del popolo dei partigiani della Costituzione.>
lunedì 29 luglio 2013
La lettera del pm Di Matteo ai cittadini
di Nino Di Matteo - 29 luglio 2013
Quando ho appreso che tanti cittadini, da ogni parte d’Italia, stavano organizzando le manifestazioni di oggi, mi sono sinceramente commosso ed ho immediatamente provato un profondo sentimento di riconoscenza e gratitudine nei confronti di tutti Voi.
Per me e per i miei familiari il Vostro sostegno e la Vostra solidarietà sono di grande conforto e rappresentano una splendida iniezione di forza ed entusiasmo in un momento difficile.
Non solo per la fiducia e la stima che dimostrate di nutrire nei confronti del mio lavoro ma, ancor più, perché la vostra passione civile, la sete di verità e giustizia, la voglia di non cedere alla indifferenza, rappresentano il punto di riferimento più autentico per ogni cittadino che, nutrendosi dei valori della Costituzione, non si rassegna a vederne quotidianamente calpestati i sacri valori di libertà, democrazia, eguaglianza di tutti davanti alla legge.
Il Vostro entusiasmo, il Vostro impegno per l’affermazione e l’applicazione concreta dei valori costituzionali, contagerà la parte sana del nostro Paese, e prevarrà sui tanti che purtroppo hanno dimenticato che l’esercizio di un ruolo politico, pubblico, istituzionale, qualunque esso sia, deve innanzitutto ispirarsi alla logica del servizio nei confronti del cittadino, specie del più debole e del più povero.
Vi ringrazio perché la Vostra solidarietà e la Vostra sacrosanta aspirazione alla giustizia, sono e saranno più forti, e per me più importanti, dei tanti ed assordanti silenzi istituzionali.
Vi ringrazio perché la tensione morale e l’attenzione con la quale seguite il nostro lavoro ci ricordano l’essenza più autentica ed entusiasmante del nostro impegno di magistrati: la ricerca della verità, l’affermazione del diritto come servizio alla collettività, garanzia di uguaglianza ed unica strada per arrivare alla vera libertà.
Porterò sempre in me il significato profondo della Vostra solidarietà.
Ciò che avete fatto oggi mi rende sempre più convinto ed orgoglioso di continuare a servire il mio Paese, cercando di indossare con dignità la stessa toga di chi ha sacrificato perfino la sua vita per amore della GIUSTIZIA.
Palermo, 29 luglio 2013
Nino Di Matteo
Quando ho appreso che tanti cittadini, da ogni parte d’Italia, stavano organizzando le manifestazioni di oggi, mi sono sinceramente commosso ed ho immediatamente provato un profondo sentimento di riconoscenza e gratitudine nei confronti di tutti Voi.
Per me e per i miei familiari il Vostro sostegno e la Vostra solidarietà sono di grande conforto e rappresentano una splendida iniezione di forza ed entusiasmo in un momento difficile.
Non solo per la fiducia e la stima che dimostrate di nutrire nei confronti del mio lavoro ma, ancor più, perché la vostra passione civile, la sete di verità e giustizia, la voglia di non cedere alla indifferenza, rappresentano il punto di riferimento più autentico per ogni cittadino che, nutrendosi dei valori della Costituzione, non si rassegna a vederne quotidianamente calpestati i sacri valori di libertà, democrazia, eguaglianza di tutti davanti alla legge.
Il Vostro entusiasmo, il Vostro impegno per l’affermazione e l’applicazione concreta dei valori costituzionali, contagerà la parte sana del nostro Paese, e prevarrà sui tanti che purtroppo hanno dimenticato che l’esercizio di un ruolo politico, pubblico, istituzionale, qualunque esso sia, deve innanzitutto ispirarsi alla logica del servizio nei confronti del cittadino, specie del più debole e del più povero.
Vi ringrazio perché la Vostra solidarietà e la Vostra sacrosanta aspirazione alla giustizia, sono e saranno più forti, e per me più importanti, dei tanti ed assordanti silenzi istituzionali.
Vi ringrazio perché la tensione morale e l’attenzione con la quale seguite il nostro lavoro ci ricordano l’essenza più autentica ed entusiasmante del nostro impegno di magistrati: la ricerca della verità, l’affermazione del diritto come servizio alla collettività, garanzia di uguaglianza ed unica strada per arrivare alla vera libertà.
Porterò sempre in me il significato profondo della Vostra solidarietà.
Ciò che avete fatto oggi mi rende sempre più convinto ed orgoglioso di continuare a servire il mio Paese, cercando di indossare con dignità la stessa toga di chi ha sacrificato perfino la sua vita per amore della GIUSTIZIA.
Palermo, 29 luglio 2013
Nino Di Matteo
giovedì 18 luglio 2013
19 luglio 1992 - 19 luglio 2013
Intervista a Borsellino
Paolo Borsellino aveva capito tutto.
Oggi sono 21 anni che Paolo Borsellino non può stare con la famiglia. Sono 21 anni, che questo Paese aspetta che si possa scoprire la verità su quel terribile periodo.
Gli anni passano, ma il ricordo rimane sempre fisso nei nostri cuori. Le lacrime scorrono anche se non ho mai avuto la possibilità di poterlo incontrare, eppure leggendo i libri che parlano della sua vita e ascoltando le interviste del passato mi sembra di conoscerlo perché le parole, gli insegnamenti è come se fossero cosparsi nell’aria. Ogni volta che il fratello Salvatore Borsellino alza l' agenda rossa al cielo, diventata oggi, per tanti italiani, simbolo di verità e giustizia, è sempre un'emozione che ti attraversa il corpo, la mente, il cuore. La morte di Paolo il suo sacrificio, ci ha migliorati, come solo l’amore può fare. Il suo è stato un gesto di amore, per la sua terra, per il suo Paese, per tutti noi. Credo che il modo migliore che abbiamo, per onorare la sua memoria, sia oltre il ricordo la voglia di combattere, di resistere, di trovare il coraggio per poter provare almeno a cambiare le cose. Oggi questo lo faremo con il movimento politico di Antonia Ingroia, allievo di Paolo, perchè c'è sempre il puzzo del compromesso morale, è rimasta quella indifferenza e contiguità con il malaffare. Anni di cattiva politica, hanno portato ad infettare diverse frammentazioni della società, oltre che lo Stato stesso, che da anni vuole cambiare quella Costituzione scritta nel sangue dei nostri partigiani e difesa dal sangue dei suoi eroi non solo i nomi illustri ma anche di tutti gli agenti di polizia morti per difendere coloro che lottavano per la verità e la giustizia contro il malaffare. Ma non c’è solo questo. Il nostro Paese non è solo questo. C’è anche tanta gente onesta, che crede negli stessi valori, che crede sia veramente possibile un’Italia diversa, un’Italia migliore, nel segno di Paolo Borsellino che ci ha insegnato la passione per la verità, che ci rende liberi, e la passione per la giustizia, che ci rende tutti uguali, la fiducia per credere ancora nella speranza, la dedizione e l’importanza di fare il proprio dovere, sempre e in qualsiasi situazione, anche nei casi di maggiore sconforto, com’è capitato a Paolo Borsellino, a Giovanni Falcone e a tanti altri servitori onesti dello stato. L'esempio di Paolo e Giovanni , quando si sentivano amareggiati, isolati, attaccati ed etichettati come i “Professionisti dell’antimafia”, quando erano vittime di quell’indecente sistema della macchina del fango, o peggio ancora, di quella stupida “invidia”, deve essere per noi un faro perchè nonostante tutto questo, proseguivano a schiena dritta e a testa alta il loro lavoro. Ci hanno donato l' umiltà, dimostrando che non si fa il proprio dovere perchè qualcuno ci dica grazie, ma lo si fa per principio, per la propria dignità . Attraverso la testimonianaza di vita di Paolo Borsellino si può comprendere il significato delle parole umanità, amore per gli altri e fresco profumo di libertà.
Marzia Maestrello
lunedì 15 luglio 2013
Risposta a Bondi
Un
tempo culla della civiltà ellenica, oggi Taranto è culla di Cerbero,
mitologico mostro dalle fameliche e terrificanti tre teste. Ilva ,
Raffineria ENI, Cementir, sono queste le tre teste infernali che
attanagliano la città dei due mari in un presente statico e infuturibile, nostalgico dei tempi andati
Rosella Balestra di Donne per Taranto risponde a Bondi
Federico 4 anni ricoverato a Parma per un Medulloblastoma;
Stefano 8 anni con un sarcoma del rene in continuo viaggio da Taranto a Genova;
Antonella 4 anni ha scoperto di avere un sarcoma di edwing e sa che gli resterà poco...;
Piergiorgio 12 anni in casa con una leucemia acuta linfoblastica in attesa di trapianto;
Loredana appena nata, con tiroide e reni compromessi;
Riccardo 9 anni perennemente stanco; Luca 13 anni in continua corsa da un medico all'altro per comprendere da cosa deriva la sua tosse congenita; Marco 3 anni che non riesce ancora a camminare.... Angela 6 anni appena partita per il Gaslini... A loro e a tutti i BAMBINI di Taranto è stata strappato il DIRITTO di VIVERE... il DIRITTO di ESSERE BAMBINI... eppure NESSUNO di loro ha "MAI FUMATO".... a Bondi auguro d'incrociare per soli 5 minuti lo sguardo di uno di loro e poi di sentirsi una merda! (e scusate il francesismo!)" ... Tramite "Segui il passeggino rosso"... (A.D.S.)
La città jonica è stata maltrattata, privata delle sue bellezze naturali, impoverita e ricattata; stuprata da una classe politica che ha permesso la costruzione del colosso siderurgico invece che favorire lo sviluppo del settore turistico. I presupposti c’erano tutti: mare cristallino, sterminate distese di sabbia, macchia mediterranea tra le più caratteristiche dell’intera Europa, paesaggi spettacolari. Sarebbe stata la soluzione più logica; più logica ma economicamente meno profittevole evidentemente.
Ettore Toscano, poeta Tarantino, ricorda vividamente il cambio che si ebbe quel maledetto 9 luglio del 1960: “Prima, i bambini che soffrivano di asma o piccoli problemi respiratori li mandavano al rione Tamburi per respirare aria fresca. Ora da qui si scappa”, rammenta commosso il poeta.
I veleni di Cerbero si sono infiltrati in ogni casa tanto da conferirle il tipico colore rosso, sui terreni agricoli e sui suoi frutti, nei corsi d’acqua e nel mare.
Rosella Balestra di Donne per Taranto risponde a Bondi
Federico 4 anni ricoverato a Parma per un Medulloblastoma;
Stefano 8 anni con un sarcoma del rene in continuo viaggio da Taranto a Genova;
Antonella 4 anni ha scoperto di avere un sarcoma di edwing e sa che gli resterà poco...;
Piergiorgio 12 anni in casa con una leucemia acuta linfoblastica in attesa di trapianto;
Loredana appena nata, con tiroide e reni compromessi;
Riccardo 9 anni perennemente stanco; Luca 13 anni in continua corsa da un medico all'altro per comprendere da cosa deriva la sua tosse congenita; Marco 3 anni che non riesce ancora a camminare.... Angela 6 anni appena partita per il Gaslini... A loro e a tutti i BAMBINI di Taranto è stata strappato il DIRITTO di VIVERE... il DIRITTO di ESSERE BAMBINI... eppure NESSUNO di loro ha "MAI FUMATO".... a Bondi auguro d'incrociare per soli 5 minuti lo sguardo di uno di loro e poi di sentirsi una merda! (e scusate il francesismo!)" ... Tramite "Segui il passeggino rosso"... (A.D.S.)
La città jonica è stata maltrattata, privata delle sue bellezze naturali, impoverita e ricattata; stuprata da una classe politica che ha permesso la costruzione del colosso siderurgico invece che favorire lo sviluppo del settore turistico. I presupposti c’erano tutti: mare cristallino, sterminate distese di sabbia, macchia mediterranea tra le più caratteristiche dell’intera Europa, paesaggi spettacolari. Sarebbe stata la soluzione più logica; più logica ma economicamente meno profittevole evidentemente.
Ettore Toscano, poeta Tarantino, ricorda vividamente il cambio che si ebbe quel maledetto 9 luglio del 1960: “Prima, i bambini che soffrivano di asma o piccoli problemi respiratori li mandavano al rione Tamburi per respirare aria fresca. Ora da qui si scappa”, rammenta commosso il poeta.
I veleni di Cerbero si sono infiltrati in ogni casa tanto da conferirle il tipico colore rosso, sui terreni agricoli e sui suoi frutti, nei corsi d’acqua e nel mare.
Nonostante ciò, le ciminiere sono sempre lì a sputare i loro fumi
pestilenziali. Nessuno dice o fa nulla. La città dei due mari cade nell’oblio
del menefreghismo e delle menzogne dei nostri politici e amministratori che si
inchinano ad imprenditori cinici e spietati, a logiche di mercato che come
vampiri succhiano sangue ad innocenti vittime predestinate.
Migliaia e migliaia di operai, tra i quali tanti amici, sono in cassa integrazione
e molti ci andranno nei prossimi giorni (circa 6500 a partire da marzo). Al
dramma si aggiunge un altro dramma: un dramma sociale che mette in ginocchio
migliaia e migliaia di famiglie che dall’Ilva traevano il proprio
sostentamento. La storia va avanti da
oltre 50 anni ma Taranto scompare, diventa invisibile, sparisce dai TG, sparisce dai giornali sparisce perfino
dalle carte geografiche.
domenica 14 luglio 2013
Qualche appunto sulla Costituzione
Il professor Alberto Lucarelli, ordinario di diritto costituzionale all’università Federico II di Napoli e presidente del comitato nazionale “Viva la Costituzione”, di cui Azione Civile è tra i promotori, ci ha inviato un prezioso contributo sulle criticità della riforma costituzionale in atto e, soprattutto, sui punti che in essa andrebbero modificati o attuati.
l'articolo intero si trova nel link sotto
di Alberto Lucarelli
http://www.ilgiunco.net/2013/07/14/una-piazza-dedicata-agli-angeli-del-fango-di-albinia-la-proposta-del-comitato-di-solidarieta/
martedì 9 luglio 2013
La Costituzione Bene Comune
SALVIAMO LA COSTITUZIONE
COME BENE COMUNE
E' possibile modificare la Costituzione senza una Costituente?
Quali gli effetti della deroga all'art. 138?
Verso il Presidenzialismo con un colpo di mano?
In questo momento 42 presunti saggi, nominati dal governo Letta, quindi
non eletti dai cittadini, stanno lavorando ad un disegno di legge
Costituzionale nel chiuso di stanze e nella massima segretezza. La legge
poi dovrebbe seguire un iter di approvazione breve ed in deroga
all'art.138 che prevede: "Le leggi di revisione della Costituzione e le
altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due
successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono
approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella
seconda votazione"
Il tentativo finalizzato allo
stravolgimento della Costituzione é in atto da molti anni. Ma quanto si
sta ora attuando promette di ridisegnare l'assetto dello Stato con
l'introduzione del presidenzialismo o semi-presidenzialismo, e di
rivedere la distribuzione dei poteri dello stato con la modifica del
Titolo IV (La Magistratura). Nulla di diverso quindi, da quanto
prevedeva l’inquietante attuazione del programma della P2 di Licio
Gelli.
Molti comitati e costituzionalisti si stanno muovendo
in opposizione a quello che sembra prefigurarsi come il colpo di mano
del Governo con l’utilizzo della legiferazione d’urgenza che
dimezzerebbe i tempi previsti oggi tra un passaggio e l’altro per
l’approvazione.
Articolo 138: "Le leggi stesse sono sottoposte a
referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne
facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum
non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda
votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi
componenti "
La Costituzione non è una questione che possa essere trattata con somma urgenza come avviene per le leggi finanziarie, le cui correzioni possono essere imposte da situazioni contingenti e di mercato. Le Costituzioni non sono un puro atto di diritto positivo imposto comunque da un legislatore: esse nascono da un processo storico, sono memoria e progetto e, come tali, definiscono l'identità di un popolo, di una comunità politica organizzata in Stato. La nostra Costituzione porta dentro di sé la memoria di 100 anni di storia italiana, nel bene e nel male; contempla le ferite del fascismo, il suo ripudio attraverso la lotta di liberazione e realizza le garanzie perchè il fascismo non venga più riprodotto, attraverso una tecnica di equilibrio dei poteri che impedisce ogni forma di dittatura. La Costituzione italiana è stata forgiata in quel “crogiolo ardente” rappresentato dall'evento globale costituito dalla seconda guerra mondiale e porta l'impronta di uno spirito universale.
Mettere mano alla Costituzione non è mai un'azione banale, vuol dire mettere mano alla storia, interrogarci sulla nostra storia, sulle conquiste di civiltà giuridica faticosamente raggiunte, sui successi, sui fallimenti, sui pericoli che sono all'orizzonte. La Costituzione può essere riformata per adeguarla ai tempi, ma non tollera revisioni radicali che ne snaturino l'impianto. I beni pubblici repubblicani che i Costituenti hanno attribuito al popolo italiano, inerenti la garanzia dei diritti fondamentali e la qualità della democrazia, costituiscono un patrimonio irrecusabile, che non può e non deve essere smantellato. Proprio per tutelare l'indisponibilità di questo patrimonio, la Costituzione ha previsto un procedimento “rigido” di revisione, incardinato nei binari dell'art. 138, con il limite dell'immodificabilità della forma repubblicana e dei principi costituzionali supremi. Fra questi ultimi, come rimarcato da autorevole dottrina, rientra il principio della salvaguarda della rigidità costituzionale, che è il più supremo di tutti. Infatti, se si intaccasse la rigidità della Costituzione, tutti i suoi principi e valori verrebbero esposti agli umori delle contingenti maggioranze politiche e perderebbero di effettività.
Il fatto che per avviare un processo di revisione costituzionale (la cui iniziativa, comunque, non spetterebbe al Governo ma al Parlamento) si pretenda di incidere sulla rigidità della Costituzione, lascia trasparire l'intento ( o quantomeno la possibilità) che il processo riformatore esorbiti dai limiti sostanziali che la Carta stessa fissa alla sua revisione; limiti che da molto tempo sono contestati da forze politiche portatrici di culture estranee ai principi e valori costituzionali, le quali, assieme all'antifascismo, contestano la divisione dei poteri ed il principio fondamentale che la Repubblica sia “fondata sul lavoro”.
Conferenza stampa di Antonio Ingroia
Nel silenzio generale si attua il piano piduista di Licio Gelli
martedì 2 luglio 2013
Azione Civile
http://www.azionecivile.net/
19 giugno 2013
Parla Antonio Ingroia, ad Aosta per lasciare la magistratura. “Continuerò a difendere la Costituzione con il mio impegno in politica. Lasciare la toga è stata una decisione difficilissima”.
Antonio Ingroia
Sono Antonio Ingroia, ho 53 anni, sono siciliano e partigiano della Costituzione.
Sono entrato in magistratura a 28 anni al fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: è stato proprio lui a volermi con sé alla procura di Marsala che era andato a dirigere dopo il maxi-processo.
Nel 1992 sono diventato sostituto procuratore a Palermo nel pool coordinato da Giancarlo Caselli. Ho condotto alcuni dei processi più controversi degli ultimi anni, cercando di fare luce sui rapporti fra criminalità organizzata, politica ed economia. Nel tentativo di riuscire ad entrare nella stanza della verità sulle stragi mafiose e sulla trattativa stato-mafia, ho seguito le indagini e il processo al funzionario dei servizi segreti Bruno Contrada. Ho rappresentato la pubblica accusa nel processo contro il senatore Pdl Marcello Dell’Utri. Nel corso delle indagini preliminari per quel procedimento, ho indagato anche su Silvio Berlusconi e i suoi rapporti con la famiglia mafiosa dei Graviano: la sua posizione è stata poi archiviata.
Sono sempre mie le indagini sull’omicidio di Mauro Rostagno e sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Nel 2009 sono diventato procuratore aggiunto e coordinatore della Procura distrettuale antimafia, per conto della quale ho coordinato l’ultima inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
Il 17 aprile 2011 ho ricevuto con grande gioia dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia il premio speciale dedicato alla memoria dell’antifascista Renato Benedetto Fabrizi.
Subito dopo la conclusione delle indagini sulla trattativa ho accettato l’incarico, propostomi dall’Onu, di dirigere l’unità investigativa specializzata nella lotta al narcotraffico in Guatemala.
A dicembre 2012 sono tornato in Italia per dare il mio contributo al Paese. Nel nostro paese c’è molto da fare non solo a livello giudiziario, ma soprattutto a livello politico-istituzionale. Il nodo della lotta alle mafie è sempre politico. Lo diceva Paolo Borsellino.
Sono entrato in magistratura a 28 anni al fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: è stato proprio lui a volermi con sé alla procura di Marsala che era andato a dirigere dopo il maxi-processo.
Nel 1992 sono diventato sostituto procuratore a Palermo nel pool coordinato da Giancarlo Caselli. Ho condotto alcuni dei processi più controversi degli ultimi anni, cercando di fare luce sui rapporti fra criminalità organizzata, politica ed economia. Nel tentativo di riuscire ad entrare nella stanza della verità sulle stragi mafiose e sulla trattativa stato-mafia, ho seguito le indagini e il processo al funzionario dei servizi segreti Bruno Contrada. Ho rappresentato la pubblica accusa nel processo contro il senatore Pdl Marcello Dell’Utri. Nel corso delle indagini preliminari per quel procedimento, ho indagato anche su Silvio Berlusconi e i suoi rapporti con la famiglia mafiosa dei Graviano: la sua posizione è stata poi archiviata.
Sono sempre mie le indagini sull’omicidio di Mauro Rostagno e sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro.
Nel 2009 sono diventato procuratore aggiunto e coordinatore della Procura distrettuale antimafia, per conto della quale ho coordinato l’ultima inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.
Il 17 aprile 2011 ho ricevuto con grande gioia dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia il premio speciale dedicato alla memoria dell’antifascista Renato Benedetto Fabrizi.
Subito dopo la conclusione delle indagini sulla trattativa ho accettato l’incarico, propostomi dall’Onu, di dirigere l’unità investigativa specializzata nella lotta al narcotraffico in Guatemala.
A dicembre 2012 sono tornato in Italia per dare il mio contributo al Paese. Nel nostro paese c’è molto da fare non solo a livello giudiziario, ma soprattutto a livello politico-istituzionale. Il nodo della lotta alle mafie è sempre politico. Lo diceva Paolo Borsellino.
Parla Antonio Ingroia, ad Aosta per lasciare la magistratura. “Continuerò a difendere la Costituzione con il mio impegno in politica. Lasciare la toga è stata una decisione difficilissima”.
DANIELE MAMMOLITI
AOSTA
“La chiave del mio isolamento è legato alle indagini sulla trattativa
Stato-Mafia”. Poco prima di andare alla procura di Aosta per
certificare il suo addio alla toga, Antonio Ingroia ha parlato. Poche
carezze e molti attacchi, come quello al vicepresidente del Csm, Michele
Vietti, “poco elegante nei miei confronti”. Alloggiato in un hotel alle
porte della città Ingroia, accolto da un gruppo di suoi sostenitori, si
concede.
Che giornata è quella di oggi?
«È una giornata piena di sentimenti e di emozioni, sia se guardo indietro sia se guardo avanti. Se guardo indietro ho un po’ di malinconia per una porta che si chiude, un capitolo importante della mia vita che è stata soprattutto lavoro, lavoro e lavoro, è stata soprattutto impegno da magistrato e per la giustizia. Mi scorrono tante immagini del mio impegno professionale, sempre in prima linea nella lotta alla mafia: dagli inizi della mia carriera vicino a Falcone e Borsellino sino agli ultimi anni difficili, anche con le amarezze legate alle indagini sulla trattativa Stato-Mafia e le polemiche che ne sono conseguite. Ma nel contempo, se guardo avanti, si apre un’altra porta, direi forse un portone, con lo stesso entusiasmo e la stessa passione. Un impegno dalla stessa parte ma in una veste diversa: sempre dalla patte dei cittadini e della Costituzione, per difendere i diritti dei cittadini senza diritti e senza potere, nella consapevolezza che questo compito ormai era difficile portarlo avanti da magistrato. Dunque lo porto avanti da politico. Arriviamo a una scadenza importante con la prima assemblea nazionale del movimento che ho fondato, Azione Civile, che ha di fronte una sfida, una battaglia: quella di difendere la Costituzione, di cui sembra tutti si siano dimenticati. Azione Civile è un’azione per la Costituzione».
Quali sono i ricordi più belli della sua carriera?
«I momenti di soddisfazione sono stati tanti. Ricordo il primo giorno in cui Falcone mi chiese se mi sarebbe piaciuto occuparmi di indagini di mafia, ricordo il momento in cui Paolo Borsellino mi assegnò di fatto la prima indagine sulla mafia. E, ancora, i momenti in cui il mio lavoro nei processi più difficili è stato riconosciuto da sentenze di condanna degli imputanti eccellenti di cui mi sono occupato: dal processo Contrada nei confronti di uno dei capi dei servizi segreti degli Anni 90 al processo nei confronti dell’ex senatore Dell’Utri, anche lui condannato per i rapporti tra mafia e politica».
E i momenti peggiori?
«Quelli della politica, che negli ultimi tempi è stata ingenerosa nei miei confronti. E poi questi ultimi giorni. Non tanto per la decisione di dimettermi ma per il fatto che non ho trovato riconoscimento per il lavoro che ho fatto. Eppure ho dedicato 25 anni allo Stato senza mai risparmiare nulla in termini di energia, di rischi personali, di sacrifici sul piano della vita privata. Si può essere, per carità, critici nei confronti della attività politica che ho svolto. Ma che il vicepresidente del Csm Vietti se la sia cavata con una battuta rispetto alla notizia delle mie dimissioni dicendo “ce ne faremo una ragione”… Non sono state parole eleganti».
Cosa pensa abbia pesato, all’interno del Csm, riguardo al mancato incarico alla Procura nazionale antimafia?
«Come diceva anche un presidente della Repubblica che è stato magistrato, Oscar Luigi Scalfaro, mi sento sempre magistrato anche dopo aver lasciato la toga. Dunque non farò mai a nessuno processi alle intenzioni in mancanza di elementi di prova. Di certo sono incomprensibili l’atteggiamento e le scelte del Csm nei miei confronti, in linea di continuità con l’ostilità che il mondo politico ha dimostrato nei miei confronti soprattutto negli ultimi anni: prima da un’unica parte politica quando mi occupavo del processo Dell’Utri, poi tutte le parti quando mi sono occupato della trattativa Stato-Mafia. Il ceto politico si è rivoltato contro di me perché io rappresento quel modello di magistrato che non guarda in faccia a nessuno. Con la Presidenza della Repubblica c’è stato un noto conflitto di attribuzione ma mi auguro che non sia stato questo a pesare. Spero che la mia vicenda non determini preoccupazione nella magistratura, ovvero che non si possano verificare meccanismi di omologazione. Dobbiamo difendere i magistrati, la loro autonomia e l’indipendenza dalle pressioni della politica. Per questo mi occupo di politica: per cambiarla, per avere un politica più rispettosa».
Il nodo che ha portato a questo epilogo è l’indagine sulla trattativa Stato-Mafia?
«Credo sia sotto gli occhi di tutti. Dopo questa indagine è scattato contro di me, già da magistrato e poi da politico, un coro quasi unanime dalla politica. Questo non è mai successo. La chiave del mio isolamento istituzionale è legato a quell’indagine».
Si è molto ricamato sul suo no ad Aosta. Qualche valdostano c’è rimasto male.
«Ho massimo rispetto e simpatia nei confronti dei cittadini valdostani e del lavoro dei colleghi della Procura e del Tribunale di Aosta che sono impegnati anche su settori difficili. So benissimo che se fossi venuto a fare il pm ad Aosta avrei trovato anche materia di mafia di cui occuparmi perché le infiltrazioni della ’ndrangheta queste parti sono note. Ma il punto non è un rifiuto rispetto alla Procura di Aosta. Avrei rifiutato anche la Procura di Trento, o di Bari. Il punto è che ormai il mio rientro nella magistratura, dopo la mia esperienza breve politico-elettorale, poteva avere senso solo se fossi stato messo in grado, e avevo diritto di farlo, di riannodare i fili dell’indagine che avevo avviato sulla trattativa Stato-Mafia. Lo potevo fare dalla Procura nazionale antimafia. Era l’unico ufficio al quale il Csm poteva destinarmi. Non potevo essere destinato a nessun altro ufficio di procura d’Italia. Neanche Aosta, perché Aosta è compresa nel distretto di Torino dove io ero candidato. Quello del Csm è stato un provvedimento politico per tenermi lontano da quell’indagine. Per questa ragione mi sono ribellato e opposto. Ho cercato di far rispettare le regole e ho fatto ricorso al Tar. Ma il Tar, in modo un po’ pilatesco, ha preferito non decidere, rinviando sempre la decisione. L’ultima volta l’ha rinviata a fra quasi un anno, nel 2014… Beh, intanto i tempi corrono, c’è un’emergenza costituzionale e, sia pur con rammarico, ho capito che il mio posto è in politica e a quella dedicherò tuto il mio impegno».
Quanto le costa lasciare la toga?
«Mi è costato molto, è una decisione sofferta e travagliata perché è un lavoro che mi piaceva, non è un lavoro come gli altri, io mi sentivo davvero la toga cucita addosso. penso che continuerò a sentirla così per un po’. perché ho dedicato tutta la mai vita a quella attività. Ma quando il troppo è troppo, quando si è passato ogni limite, non potevo subire in silenzio quelli che sono stati dei soprusi del ceto politico attraverso il Csm e ho reagito come bisognava fare».
Che giornata è quella di oggi?
«È una giornata piena di sentimenti e di emozioni, sia se guardo indietro sia se guardo avanti. Se guardo indietro ho un po’ di malinconia per una porta che si chiude, un capitolo importante della mia vita che è stata soprattutto lavoro, lavoro e lavoro, è stata soprattutto impegno da magistrato e per la giustizia. Mi scorrono tante immagini del mio impegno professionale, sempre in prima linea nella lotta alla mafia: dagli inizi della mia carriera vicino a Falcone e Borsellino sino agli ultimi anni difficili, anche con le amarezze legate alle indagini sulla trattativa Stato-Mafia e le polemiche che ne sono conseguite. Ma nel contempo, se guardo avanti, si apre un’altra porta, direi forse un portone, con lo stesso entusiasmo e la stessa passione. Un impegno dalla stessa parte ma in una veste diversa: sempre dalla patte dei cittadini e della Costituzione, per difendere i diritti dei cittadini senza diritti e senza potere, nella consapevolezza che questo compito ormai era difficile portarlo avanti da magistrato. Dunque lo porto avanti da politico. Arriviamo a una scadenza importante con la prima assemblea nazionale del movimento che ho fondato, Azione Civile, che ha di fronte una sfida, una battaglia: quella di difendere la Costituzione, di cui sembra tutti si siano dimenticati. Azione Civile è un’azione per la Costituzione».
Quali sono i ricordi più belli della sua carriera?
«I momenti di soddisfazione sono stati tanti. Ricordo il primo giorno in cui Falcone mi chiese se mi sarebbe piaciuto occuparmi di indagini di mafia, ricordo il momento in cui Paolo Borsellino mi assegnò di fatto la prima indagine sulla mafia. E, ancora, i momenti in cui il mio lavoro nei processi più difficili è stato riconosciuto da sentenze di condanna degli imputanti eccellenti di cui mi sono occupato: dal processo Contrada nei confronti di uno dei capi dei servizi segreti degli Anni 90 al processo nei confronti dell’ex senatore Dell’Utri, anche lui condannato per i rapporti tra mafia e politica».
E i momenti peggiori?
«Quelli della politica, che negli ultimi tempi è stata ingenerosa nei miei confronti. E poi questi ultimi giorni. Non tanto per la decisione di dimettermi ma per il fatto che non ho trovato riconoscimento per il lavoro che ho fatto. Eppure ho dedicato 25 anni allo Stato senza mai risparmiare nulla in termini di energia, di rischi personali, di sacrifici sul piano della vita privata. Si può essere, per carità, critici nei confronti della attività politica che ho svolto. Ma che il vicepresidente del Csm Vietti se la sia cavata con una battuta rispetto alla notizia delle mie dimissioni dicendo “ce ne faremo una ragione”… Non sono state parole eleganti».
Cosa pensa abbia pesato, all’interno del Csm, riguardo al mancato incarico alla Procura nazionale antimafia?
«Come diceva anche un presidente della Repubblica che è stato magistrato, Oscar Luigi Scalfaro, mi sento sempre magistrato anche dopo aver lasciato la toga. Dunque non farò mai a nessuno processi alle intenzioni in mancanza di elementi di prova. Di certo sono incomprensibili l’atteggiamento e le scelte del Csm nei miei confronti, in linea di continuità con l’ostilità che il mondo politico ha dimostrato nei miei confronti soprattutto negli ultimi anni: prima da un’unica parte politica quando mi occupavo del processo Dell’Utri, poi tutte le parti quando mi sono occupato della trattativa Stato-Mafia. Il ceto politico si è rivoltato contro di me perché io rappresento quel modello di magistrato che non guarda in faccia a nessuno. Con la Presidenza della Repubblica c’è stato un noto conflitto di attribuzione ma mi auguro che non sia stato questo a pesare. Spero che la mia vicenda non determini preoccupazione nella magistratura, ovvero che non si possano verificare meccanismi di omologazione. Dobbiamo difendere i magistrati, la loro autonomia e l’indipendenza dalle pressioni della politica. Per questo mi occupo di politica: per cambiarla, per avere un politica più rispettosa».
Il nodo che ha portato a questo epilogo è l’indagine sulla trattativa Stato-Mafia?
«Credo sia sotto gli occhi di tutti. Dopo questa indagine è scattato contro di me, già da magistrato e poi da politico, un coro quasi unanime dalla politica. Questo non è mai successo. La chiave del mio isolamento istituzionale è legato a quell’indagine».
Si è molto ricamato sul suo no ad Aosta. Qualche valdostano c’è rimasto male.
«Ho massimo rispetto e simpatia nei confronti dei cittadini valdostani e del lavoro dei colleghi della Procura e del Tribunale di Aosta che sono impegnati anche su settori difficili. So benissimo che se fossi venuto a fare il pm ad Aosta avrei trovato anche materia di mafia di cui occuparmi perché le infiltrazioni della ’ndrangheta queste parti sono note. Ma il punto non è un rifiuto rispetto alla Procura di Aosta. Avrei rifiutato anche la Procura di Trento, o di Bari. Il punto è che ormai il mio rientro nella magistratura, dopo la mia esperienza breve politico-elettorale, poteva avere senso solo se fossi stato messo in grado, e avevo diritto di farlo, di riannodare i fili dell’indagine che avevo avviato sulla trattativa Stato-Mafia. Lo potevo fare dalla Procura nazionale antimafia. Era l’unico ufficio al quale il Csm poteva destinarmi. Non potevo essere destinato a nessun altro ufficio di procura d’Italia. Neanche Aosta, perché Aosta è compresa nel distretto di Torino dove io ero candidato. Quello del Csm è stato un provvedimento politico per tenermi lontano da quell’indagine. Per questa ragione mi sono ribellato e opposto. Ho cercato di far rispettare le regole e ho fatto ricorso al Tar. Ma il Tar, in modo un po’ pilatesco, ha preferito non decidere, rinviando sempre la decisione. L’ultima volta l’ha rinviata a fra quasi un anno, nel 2014… Beh, intanto i tempi corrono, c’è un’emergenza costituzionale e, sia pur con rammarico, ho capito che il mio posto è in politica e a quella dedicherò tuto il mio impegno».
Quanto le costa lasciare la toga?
«Mi è costato molto, è una decisione sofferta e travagliata perché è un lavoro che mi piaceva, non è un lavoro come gli altri, io mi sentivo davvero la toga cucita addosso. penso che continuerò a sentirla così per un po’. perché ho dedicato tutta la mai vita a quella attività. Ma quando il troppo è troppo, quando si è passato ogni limite, non potevo subire in silenzio quelli che sono stati dei soprusi del ceto politico attraverso il Csm e ho reagito come bisognava fare».
"Diritto alla verità"
Azione Civile Maremma
SENTENZA STEFANO CUCCHI: UN IMPEGNO PER IL "DIRITTO ALLA VERITA'
Intervengono: Stefano Galieni giornalista (moderatore)
Comitato promotore di Grosseto per la "Campagna 3 leggi per la giustizia e i diritti: tortura - carceri e droghe"
“Uno
Stato che non è in grado di processare se stesso e di fare giustizia
non è un vero Stato di diritto” Antonio Ingroia 5 giugno 2013
Art. 13 della Costituzione “…E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà.”
Art. 27 della Costituzione “…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”
Le dure parole di un magistrato (all’epoca non era ancora decaduto dall’incarico) e i due articoli della Costituzione danno lo spunto per una breve riflessione sull'introduzione del reato di tortura, così come richiesto da Amnesty International Italia oramai da molti anni e sulla funzione educativa/rieducativa del carcere. Nel 1973 le "Regole minime per il trattamento dei detenuti", successivamente modificate con il titolo “Regole penitenziarie europee” già enfatizzavano la funzione rieducativa della pena nella fase di esecuzione della stessa, il carcere non è più inteso come luogo di segregazione e separazione dalla società, ma come momento necessario per la rieducazione e il reinserimento del detenuto. Secondo Francesco Antolisei (docente universitario di diritto penale e autore del “Manuale di diritto penale parte generale e parte speciale”), rieducare il condannato significa riattivare il rispetto dei valori fondamentali della vita sociale; rieducazione non può essere intesa se non come sinonimo di “recupero sociale”, di “reinserimento sociale”, di “risocializzazione”. Antolisei è nato nel 1882!!! ma è ancora di una attualità sconcertante.
Art. 13 della Costituzione “…E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà.”
Art. 27 della Costituzione “…Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”
Le dure parole di un magistrato (all’epoca non era ancora decaduto dall’incarico) e i due articoli della Costituzione danno lo spunto per una breve riflessione sull'introduzione del reato di tortura, così come richiesto da Amnesty International Italia oramai da molti anni e sulla funzione educativa/rieducativa del carcere. Nel 1973 le "Regole minime per il trattamento dei detenuti", successivamente modificate con il titolo “Regole penitenziarie europee” già enfatizzavano la funzione rieducativa della pena nella fase di esecuzione della stessa, il carcere non è più inteso come luogo di segregazione e separazione dalla società, ma come momento necessario per la rieducazione e il reinserimento del detenuto. Secondo Francesco Antolisei (docente universitario di diritto penale e autore del “Manuale di diritto penale parte generale e parte speciale”), rieducare il condannato significa riattivare il rispetto dei valori fondamentali della vita sociale; rieducazione non può essere intesa se non come sinonimo di “recupero sociale”, di “reinserimento sociale”, di “risocializzazione”. Antolisei è nato nel 1882!!! ma è ancora di una attualità sconcertante.
Azione Civile perchè....
Azione Civile perchè ho visto il lavoro di instancabile di Antonio Ingroia servitore dello Stato e il suo impegno
di partigiano della costituzione.
Perché sono di sinistra, e di fronte ai pericoli per la democrazia che l’affermazione di questa destra in Italia produce, ci vuole un serio progetto che porti avanti i valori comuni di equità e giustizia e si lavori per una politica del bene comune.
Perché la parola chiave è “lavoro”, bisogna restituire dignità ai lavoratori e ristabilire la democrazia nei luoghi di lavoro. Perché rivoglio l’art.18, l’abolizione della riforma Fornero e un reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati, detassazione delle tredicesime e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Perché credo nella scuola pubblica, recuperando il suo valore universale che valorizzi gli insegnanti e gli studenti.
Perché credo nella giustizia, la legge deve essere uguale per tutti, chi è rinviato a giudizio per reati gravi, finanziari e contro la pubblica amministrazione non può essere candidato.
Penso che il progetto di #AzioneCivile possa veramente cambiare in meglio il Paese, avvicinando le istituzioni ai cittadini. Tornando a parlare di legalità ed uguaglianza.
Abbiamo perso come Nazione l’occasione per rivoluzionare con intelligenza lo stato e chi lo amministra. Cerchiamo di non ripetere gli stessi errori, sosteniamo chi realmente può portare le istanze dei lavoratori ai piani alti del governo, sosteniamo chi è in grado di promuovere un concreto rinnovamento con persone preparate in molteplici settori, sosteniamo chi propone un serio programma senza demagogia promesse e fantapolitica, sosteniamo chi fa della lotta alle mafie uno scopo da perseguire per restituire a questo Paese la sicurezza e la dignità che merita, sosteniamo chi promuove l’equità sociale, per favorire gli onesti e i meritevoli, sosteniamo per il nostro futuro un progetto che guardi a sinistra, con i valori e gli ideali che hanno reso migliore questo Paese, che hanno portato all’acquisizione di diritti fondamentali che adesso ci vengono negati.
Sosteniamo una politica per il bene comune, gli attuali schieramenti politici soprattutto quelli di centrosinistra hanno avuto la loro possibilità per cambiare questo Paese, non hanno saputo cogliere la grande occasione. Ora diamo fiducia a chi può cogliere e portare avanti il cambiamento vero.
Perché sono di sinistra, e di fronte ai pericoli per la democrazia che l’affermazione di questa destra in Italia produce, ci vuole un serio progetto che porti avanti i valori comuni di equità e giustizia e si lavori per una politica del bene comune.
Perché la parola chiave è “lavoro”, bisogna restituire dignità ai lavoratori e ristabilire la democrazia nei luoghi di lavoro. Perché rivoglio l’art.18, l’abolizione della riforma Fornero e un reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati, detassazione delle tredicesime e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Perché credo nella scuola pubblica, recuperando il suo valore universale che valorizzi gli insegnanti e gli studenti.
Perché credo nella giustizia, la legge deve essere uguale per tutti, chi è rinviato a giudizio per reati gravi, finanziari e contro la pubblica amministrazione non può essere candidato.
Penso che il progetto di #AzioneCivile possa veramente cambiare in meglio il Paese, avvicinando le istituzioni ai cittadini. Tornando a parlare di legalità ed uguaglianza.
Abbiamo perso come Nazione l’occasione per rivoluzionare con intelligenza lo stato e chi lo amministra. Cerchiamo di non ripetere gli stessi errori, sosteniamo chi realmente può portare le istanze dei lavoratori ai piani alti del governo, sosteniamo chi è in grado di promuovere un concreto rinnovamento con persone preparate in molteplici settori, sosteniamo chi propone un serio programma senza demagogia promesse e fantapolitica, sosteniamo chi fa della lotta alle mafie uno scopo da perseguire per restituire a questo Paese la sicurezza e la dignità che merita, sosteniamo chi promuove l’equità sociale, per favorire gli onesti e i meritevoli, sosteniamo per il nostro futuro un progetto che guardi a sinistra, con i valori e gli ideali che hanno reso migliore questo Paese, che hanno portato all’acquisizione di diritti fondamentali che adesso ci vengono negati.
Sosteniamo una politica per il bene comune, gli attuali schieramenti politici soprattutto quelli di centrosinistra hanno avuto la loro possibilità per cambiare questo Paese, non hanno saputo cogliere la grande occasione. Ora diamo fiducia a chi può cogliere e portare avanti il cambiamento vero.
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